lunedì 19 agosto 2013

Du Liebst Mich Zu Viel di e con Helen Cerina


Disconnessione! Du Liebst Mich Zu Viel di e con Helen Cerina

Teatro Lauro Rossi, Macerata, 23 aprile 2013, ore 11

Helen Cerina in Du Liebst Mich Zu Viel, foto di Dario Bonazza.
 La disconnessione. Questo il termine-chiave alla base del lavoro di Helen Cerina, Du Liebst Mich Zu Viel, dove interagisce in modo superbo con suono, spazio e vari oggetti presenti sul palco. E il senso di disconnessione per il pubblico inizia ancor prima dell’inizio, con il titolo in tedesco che trasporta il pezzo in un angolo remoto della mente, almeno per chi non conosce questa lingua. Soprattutto se pensiamo che, in questa specifica occasione, il pubblico è rappresentato principalmente da studenti delle superiori specializzati nel campo della moda, studenti che non sono abituati a vedere opere di danza contemporanea. 


Il titolo è comunque interessante in rapporto alla parola-chiave di cui sopra, “mi ami troppo” e rimanda forse all’immagine romantica dell’amore, quella alla Romeo e Giulietta per intenderci. Ma qui di nuovo avviene un’altra disconnessione: man mano che la coreografia si sviluppa, constatiamo che non vi è alcun movimento che ricordi una tragica storia d’amore. Tantomeno dagli oggetti presenti in scena: un registratore per cassette portatile, un microfono, una cassa, un pannello rettangolare con superficie luminosa. Inoltre non vi è nessuna musica. L’atmosfera è rarefatta e sembra organizzata in modo approssimativo, ma non è così e ben presto scopriamo che proprio la dinamica creata da Cerina sul palco costruisce un percorso percettivo e cinetico che contribuisce a dar senso allo spazio spoglio come anche agli oggetti che lo popolano.


La coreografia si apre con Cerina che giace sul palco sulla sinistra. Indossa un’ampia t-shirt bianca e un paio di pantaloni da tuta neri. Nella chiacchierata dopo la performance, Cerina spiega che non era sua intenzione attirare l’attenzione sul costume e voleva indossare i colori bianco e nero. Inoltre le piaceva come la t-shirt si muoveva a seguito dei suoi movimenti. Il costume è semplice, neutro, ma frutto di una scelta oculata anche rispetto a come cambia o arricchisce il movimento stesso.


Cerina poi si alza ed esegue una camminata laterale con un movimento di braccia circolare a cui segue un movimento disarticolato delle gambe. È come se il corpo fosse pianificato per andare in una direzione e una delle gambe nella direzione opposta. Non vi è traccia alcuna di passi legati alla danza classica.


Il pezzo inscena una interazione particolare con la musica. Cerina di solito evita di utilizzare la musica nel suo lavoro. La usa a volte durante le prove per elaborare un certo ritmo per le sezioni di ogni parte della coreografia, ma poi non la utilizza nello spettacolo vero e proprio e danza in silenzio. In Du Liebst Mich Zu Viel, la giovane coreosofa addirittura produce dei suoni con la voce al microfono e con il microfono percosso sul corpo. Vi è un meraviglioso senso di frammentazione e incompiutezza mentre si muove da una sezione all’altra, da un oggetto all’altro. Non le interessa fare errori, così che l’elemento dell’imprevedibilità che caratterizza ogni performance, non la disturba affatto.


Oltretutto l’assenza di musica le permette di percepire più acutamente la risposta del pubblico, risposta che, ogni volta in modo diverso, attiva una reazione da parte sua. Se vi sono degli sbadigli o una grande concentrazione, Cerina lo percepisce e questo può portare al cambiamento di un passo o del ritmo della danza. Questo ovviamente dipende anche da come sta lei, da come si sente quel giorno, se è più o meno stanca, più o meno concentrata.


Il momento più poetico e toccante e forse l’unico che potremmo ricondurre al titolo di questa coreografia, è quando Cerina lancia dei petali di rosa rossi sulla propria testa e corpo, mentre il piccolo registratore riproduce il suono di alcuni spari. Non vi è pathos nella sua interpretazione, ma il contrasto fra suono e immagine è forte e porta a pensare all’amore come ad un’esperienza crudele e comunque dolorosa. 


Cerina collega l’idea dell’amore a quella di arte nel senso che un coreografo e danzatore crea un lavoro come una sorta di dono di amore per il pubblico, a prescindere dalla reazione del pubblico stesso.Il controllo che Cerina ha sul proprio corpo è sbalorditivo e la sua visione coreutica una ventata di aria fresca nel panorama della danza locale e non solo!


Nota – Questa performance fa parte della piattaforma Matilde, un progetto della Regione Marche e Amat. È stata prodotta da Goue in collaborazione con The Place, London, Operaestate Festival, Dansateliers, Dansescenen, Dance Week Festival Zagreb, Certamen Coreografico de Madrid, Reiss Arti Performative, Daghda Dance Company, Residenza Nottenera.


19 agosto 2013

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